Le polcomunali rivendicano il ruolo di polizia di prossimità nel contesto della sicurezza locale e urbana. Lo fanno con un articolato documento allestito da Wladimiro Castelli, primo tenente della polizia della Città di Lugano, per conto dell’Apcti, l’Associazione delle polizie comunali ticinesi. ‘Polizia di prossimità per i comuni ticinesi: efficace, innovativa, con i cittadini’ è il titolo delle trentotto pagine. Che vogliono essere una ‘Guida alla polizia di prossimità per gli organi esecutivi comunali’. Una ‘Guida’ commissionata all’Apcti dall’Associazione dei comuni ticinesi (Act). La pubblicazione è stata al centro di una recente riunione dell’Act – presenti sindaci e municipali titolari dei dicasteri sicurezza – ed è stata illustrata dal presidente dell’Associazione delle polcomunali Dimitri Bossalini e dallo stesso Castelli.
Il documento esce a pochi anni dal varo – il voto del Gran Consiglio risale al marzo 2011 – della LcPol, la Legge sulla collaborazione fra la Polizia cantonale e le polcomunali, che ha introdotto le cosiddette regioni di polizia comunale (attualmente sette) facenti capo a Comuni polo. Una cooperazione, quella fra Cantonale e comunali, che il gruppo di lavoro ‘Polizia ticinese’, costituito dal Consiglio di Stato nel dicembre 2016, intende migliorare, passando da una revisione della LcPol. Ogni tanto però riaffiora il tema polizia unica, che sembrava archiviato dopo il ritiro da parte del governo, nel giugno 2015, del messaggio favorevole alla mozione del deputato liberale radicale Giorgio Galusero che sollecitava l’istituzione di un solo corpo di polizia in Ticino. Al riguardo l’Apcti non ha dubbi: “Le polizie comunali sono e devono rimanere, in primo luogo, polizie di prossimità”, si afferma nella pubblicazione curata da Castelli. E “se la polizia comunale non sarà messa nelle condizioni di poter fare polizia di prossimità, non la farà più nessuno, con evidenti conseguenze”. Il documento dell’Apcti, ha tuttavia precisato durante l’incontro dell’altra sera il sindaco di Minusio Felice Dafond, alla testa dell’Associazione dei comuni, non è contro la Polizia cantonale: con il Cantone «non c’è alcuna contrapposizione». Nel documento si parla infatti di collaborazione. Grazie alla ‘Guida’ elaborata dall’Apcti, si sostiene nel documento, “i Municipi potranno essere informati su come una polizia possa affrontare efficacemente le sfide attuali e future per la sicurezza pubblica, con approcci che completino e migliorino quello tradizionale di polizia, e sul perché è importante che le polizie comunali siano conservate e stimolate, con la collaborazione e la coordinazione della Polizia cantonale, a sviluppare strategie sempre più orientate alla prossimità e ai problemi”.
Una definizione, più suggerimenti
L’agente di polizia non è chiamato solo a far rispettare e ad applicare la legge: “Localmente, durante la sua attività, deve” anche “promuovere il contatto con i cittadini e ricercare la loro fiducia”. E quindi, prosegue la pubblicazione, “deve essere vicino alle preoccupazioni della popolazione: sa ascoltare, rassicurare, indagare, intervenire, risolvere, segnalare e informare. Ricerca le cause dei problemi”. Va allora favorito, tra l’altro, il pattugliamento a piedi. Ma cosa si intende per polizia di prossimità? L’Istituto svizzero di polizia, si ricorda nel documento, la definisce una “strategia di polizia il cui obiettivo è la soluzione durevole dei problemi di sicurezza pubblica e che si realizza decentrando geograficamente le risorse di polizia, attuando forme di consultazione e di partenariato con la popolazione e utilizzando i metodi di risoluzione dei problemi e le tecniche di prevenzione situazionale”. Nella ‘Guida’ l’Associazione delle polizie comunali indica sette punti su cui i Municipi dovrebbero concentrare i loro sforzi nell’“immediato futuro” e “con la collaborazione della Polizia cantonale”. Sette punti “per aumentare l’efficacia della polizia in Ticino”. Eccoli. 1) “Definire un’attribuzione dei compiti per le polizie comunali coerente con la strategia della polizia di prossimità”. 2) “Riorganizzare le polizie comunali per semplificare il processo decisionale e la collaborazione con la Polizia cantonale, nell’ottica della prossimità”; 3) “Creare e/o sviluppare gli strumenti di raccolta e di analisi dei dati, per mappare gli eventi e rendere le mappe fruibili dalle pattuglie; le polizie comunali dovrebbero investire in risorse umane e tecnologiche in tal senso, con l’assunzione di un analista, con l’acquisto di programmi informatici, con la riorganizzazione delle informazioni finalizzate alla mappatura dei dati”. 4) “Instaurare un modello di pattugliamento basato sui punti ‘caldi’ (del territorio, ndr); il pattugliamento appiedato deve essere stimolato e favorito”. 5) “Per le sfide poste in tema di sicurezza urbana, costituire o potenziare i servizi di prevenzione locali, affinché monitorizzino i problemi e sviluppino strategie per anticipare i problemi di sicurezza localmente, ad esempio incaricando, in ogni polo, almeno un’unità specializzata nel campo della prevenzione (per elaborare campagne mirate ecc.); le nuove risorse dovranno essere formate adeguatamente (competenze in criminologia ecc.)”. 6) “Costituire un servizio specializzato di polizia nel lavoro di prossimità, in seno ai poli, nell’ambito della circolazione” stradale. 7) “Esaminare la situazione degli incidenti e valutare in quali comuni ticinesi sarebbe opportuna la figura dell’Addetto alla sicurezza”. Proposte (e spunti di riflessione) per “una polizia al fianco dei cittadini”.
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